Sono tornato per te by Lorenzo Marone

Sono tornato per te by Lorenzo Marone

autore:Lorenzo Marone [Marone, Lorenzo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-10-02T12:00:00+00:00


15.

Era dicembre quando avevano caricato Cono su un treno insieme con altri mille disperati. Per farli salire avevano usato degli scalandroni, ai cui lati c’erano guardie che intimavano di far presto, picchiando con calci e pugni o con il fucile. Cono era agile, ed era riuscito a schivare i colpi, ma gli anziani di botte ne avevano prese tante. Sul pavimento dei carri c’era della paglia, le piccole feritoie erano ostruite con sbarre di ferro e reticolato; erano una settantina per vagone, ammassati come le bestie, l’uno sull’altro, e sedersi era impossibile. Cono quel giorno d’inverno aveva scoperto cosa vuol dire perdersi, sentirsi smarriti, d’un tratto spogliati di dignità e valore. Col pensiero, per salvarsi, era corso subito in un posto sicuro, ché quello non glielo poteva togliere nessuno, dalla sua Serenella. Nei mesi a venire, Cono si sarebbe riparato spesso in quegli abbracci rigeneranti, ripromettendosi che, tornato a casa, ci sarebbe rimasto stretto per l’eternità. E quanto l’avrebbe fatta ridere! Ogni giorno che gli rimaneva da vivere l’avrebbe dedicato a rubarle una risata, e cosí l’essere sopravvissuto avrebbe avuto un senso.

«Galletta, che ti scappi ogni volta», gli aveva detto Serenella un pomeriggio che s’era divincolato da lei.

Cono aveva riso e la ragazza aveva finto d’offendersi, come amava fare, il viso le si era piegato in una smorfia di disapprovazione. «Me lo ricorderò la prossima volta che t’avvicini!» aveva detto.

Allora lui si era messo a implorare perdono, ché c’era il pericolo che lei davvero lo respingesse per giorni. Serenella s’appuntava in testa i suoi sbagli e Cono a quel punto doveva dare il meglio di sé per riaverla; facendola ridere, certo, e gli riusciva sempre, ma costringendosi anche a essere dolce e romantico.

Un signore anziano nel vagone gli si era aggrappato al braccio per non cadere, e gli aveva offerto un sorriso amaro. Lui non aveva detto niente, s’era tenuto il sorriso gentile. Quell’uomo non l’aveva piú rivisto all’interno del campo. Avevano dato loro del pane, la gente del luogo gli aveva donato alcuni cesti di ciliegie appena raccolte, i tedeschi avevano poi chiuso le porte ed era iniziato un lungo viaggio.

Il pane e le ciliegie erano terminati il secondo giorno, nei restanti quattro i prigionieri avevano digiunato. In un angolo c’era un mastello dedicato ai bisogni, e per sua fortuna di donne tra loro non ce n’erano, altrimenti se la sarebbe fatta sotto pur di non accovacciarsi. Dopo ventiquattro ore il puzzo era diventato insopportabile, il vagone era una gabbia senz’aria e c’era chi diceva di soffocare. Al giovane Trezza pareva di combattere con la morte, ogni respiro era come un boccone ingerito, portava nuove energie, e restituirlo era commettere un peccato; sotto la camicia inzuppata di sudore il torace era costretto, e Cono si era chiesto come avrebbero fatto i piú vecchi a sopravvivere in quelle condizioni. Eppure nessuno aveva dato prova d’arrendersi e per restare in vita ognuno s’era speso come poteva.

Se incrociavano un treno che marciava in senso contrario, il loro convoglio si spostava su un



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